lunedì 31 dicembre 2007

Il pianto operaio

di Bruno Ugolini
Io sono un giornalista. Non rischio di vedere una porta Usb del computer che perde olio e di essere quindi avvolto dalle fiamme senza nemmeno un estintore a disposizione. Non rischio di morire bruciato vivo. Non sono un operaio. Sono un giornalista. Non farò la fine di Bruno, Roberto, Antonio, Angelo, i torinesi ultime vittime di un stillicidio quotidiano riservato agli operai.Potrei continuare e dire: io sono un avvocato, io sono un notaio, io sono un manager, io sono un fruttivendolo, io sono un teleconduttore, io sono un parlamentare. È assai raro che qualcuno di tali stimati soggetti sociali entri nel proprio luogo di lavoro e ne esca racchiuso in una cassa funebre. Non sono operai.L'Italia li scopre in televisione. Gad Lerner torna a visitarli. Eran giovani, i morti. Sono giovani quelli che ne parlano. Giovani moderni, persino con gli orecchini, come si usa ora. Lo stupore si diffonde. Non avevamo scritto che più nessun ragazzo italiano voleva fare l'operaio? Ma poi scopriamo un altra verità: sono quasi tutti figli di operai, non figli di teleconduttori, notai, manager.Ma non erano loro che, come sostenevano grandi teorici, avrebbero dato l'assalto al cielo? Non dovevano dirigere tutto? Non dovevano cambiare il mondo? Ora al massimo, quando ci lasciano le penne, suscitano la tenerezza del capitalismo compassionevole. Nessuno li mette più al centro di un progetto, di un futuro diverso. Al massimo promettono un'aliquota fiscale più bassa. Non sono più classe, son sparpagliati, decentrati, scontrattati. Qualcuno li considera persi nella folla dei consumatori. Qualcuno preferisce corteggiare i più simpatici No Global.Forse anche per questo vediamo i trentenni siderurgici a Torino in ginocchio accanto alle bare dei loro compagni. Forse piangono anche per questo. Per le speranze deluse. Perché non contano più nulla.

Più che le parole, potè Staino. Buon anno


giovedì 27 dicembre 2007

Demenza senile

Lamberto Dini fa parte del gruppo parlamentare più variegato del Senato, il gruppo misto, al quale sono iscritti da Angius Gavino (partito socialista. Partito socialista????) a Bordon Willer (Unione democratica per i consumatori, e qui i punti interrogativi ed esclamativi si spercano), da Cusumano Stafano (Udeur) a Rossi Fernando (Movimento politico dei cittadini) fino a Morselli Stefano (La Destra). Come dire, di tutto di più. E' vero, ci stanno anche i senatori a vita, quelli che sovente salvano la ghirba al governo, ma loro è giusto che stiano lì. Intanto, Dini si definisce ed è definito 'leader dei liberaldemocratici', che sono addirittura 3, lui compreso: Scalera Giuseppe e il mitico D'Amico Natale, ex margherito, opinionista di punta di Radio Radicale, dai microfoni della quale ogni domenica delizia la pennica pomeridiana con i suoi commenti sulle politiche avanzate del Fondo monetario internazionale nello stato dell'Utar pradesh.
Questi sono quelli che danno a Prodi dell'illuso, del parolaio, dell'ormai sull'orlo del precipizio. Sono quelli che sanno per certo che il governo sta al 25% di popolarità, e che possono permettersi di condizionarne la politica e addirittura la vita.
Quella che segue, invece, è la definizione di 'dememnza senile': "si parla di demenza quando si verifica un calo di memoria e di almeno un’altra capacità cognitiva che porta al peggioramento della funzionalità sociale o occupazionale". Serve altro?

lunedì 10 dicembre 2007

Senza parole

Non è che gli ultimi giorni siano stati dei migliori...Una strage in una fabbrica tra lavoratori che sono assurti, loro malagrado, a simbolo di un moderno schiavismo operaio. In senato, una eletta dell'Ulivo rischia di far cadere il governo per tutelare e rivendicare i suoi pruriti catto-omofobici. Devo dire che la nostra classe dirigente, intesa come politica ma anche imprenditoriale, lascia davvero a desiderare, per continuare ad usare toni lievi in una giornata in cui il corteo dei lavoratori a Torino piange quattro morti, alcuni dei quali avevano poco meno o poco più di 30 anni.
Si dice che per consolarsi delle universali e generali tragiche vicende, si debba cominciare a curare il proprio particulare. Ma mi pare che anche nel 2° municipio, la politica attraversi una fase di stanchezza, per non dire altro. Magari, per consolarci davvero, riusciremo ad organizzare una bella festicciola natalizia...

mercoledì 5 dicembre 2007

PD che stress

La nascita del PD appare molto più difficile di quanto avessimo immaginato. Non ci sono notizie certe, informazioni ben definite neanche per organizzare un brindisi con gli amici. Mi consolo pensando che è una naturale fase di difficile transizione, e che tra poco ne verremo fuori. Ciò che mi distrugge è vedere che a tutti i livelli la logica è ancora quella delle correnti di appartenenza, dei sottogruppi di potere, della burocrazia più cretina. E se dovesse continuare così ancora per molto, rischiamo che si perda per strada l'entusiasmo, la motivazione, l'interesse di chi ha creduto davvero che il PD potesse essere il modo migliore per avvicinarsi alla politica.

lunedì 12 novembre 2007

Dal partito delle tessere al partito dei certificati. Settimana di fondazione del PD nel Lazio dal 5 al 12 dicembre. Fate la vostra proposta!

Sabato scorso si sono tenute le assemblee regionali del PD. Nel Lazio, è stata ratificata l'elezione a segretario di Nicola Zingaretti, che non ha comunicato la composizione dell'esecutivo, ma ha assegnato l'incarico di tesoriere ad Antonio Olivieri. L'esecutivo, dice, ci sarà entro fine mese. Speriamo bene... Anche Veltroni e Franceschini hanno assegnato i primi incarichi: Goffredo Bettini, Coordinatore della fase Costituente del Pd; Roberto Toscani, Portavoce del segretario; Piero Martino, Capo ufficio stampa; Vinicio Peluffo, Capo segreteria politica Veltroni; Antonello Giacomelli, Capo segreteria politica Franceschini; Alberto Losacco, Direttore della struttura nazionale. A quanto pare, la regola del 50-50 vale solo in alcuni casi...non leggo nomi di donne...Vabbè, miglioreremo. Intanto Zingaretti ha proposto una settimana di ascolto e iniziative, "dal 5 al 12 dicembre a una mobilitazione straordinaria per fondare il partito in tutti i quartiere e i comuni della regione". E ovviamente non poteva mancare la notte bianca, "per dare a chi li vuole certificati di primi fondatori del Pd". Dal partito delle tessere al partito dei certificati? Va bene, vedremo anche questa. Comunque la settimana di mobilitazione dal 5 al 12 mi sembra una buona idea, mi piacerebbe però inventarmi delle iniziative diverse, originali, non - o non solo - il solito banchetto informativo, ma magari punti botta e risposta con i cittadini...
ASPETTO IDEE E PROPOSTE!

Ciao, Giglia

E' morta Giglia Tedesco. Una presenza costante anche per chi, come me, si è avvicinato alla politica negli anni più recenti. Uno di quei dirigenti che mi hanno reso autorevole una storia e un partito. Una recensione del suo libro scritto insieme ad Anna Maria Riviello, forse rende meglio la persona. (Anna Maria Riviello "Ho imparato tre cose. Conversazioni con Giglia Tedesco". Caliceditore, 2006, pp. 124- recensione di Graziella Falconi)
"Ché il titolo non induca in errore: ad aver imparato tre cose è Giglia Tedesco; Anna Maria Riviello probabilmente dichiarerebbe di averne imparato di più da queste conversazioni. E non solo per cortesia formale o savoir faire, ma per l’ammirazione mista ad affetto che la senatrice Tedesco ispira, non inferiore a quella che ispirava Nilde Jotti, con la quale è in copertina, in una foto - un tondo di famiglia – che le ritrae a discutere con grazia e decisione. Questo è uno degli incipit / per quanto autentico e doveroso) che potrebbe anche urtare la nota ritrosia di Giglia.La senatrice infatti è persona di grande misura e solare, ma schiva e talmente riservata che al congresso di Roma, il terzo dei DS, nel febbraio 2005 si lesse un suo biglietto di scuse per non essere fisicamente presente all’assise a causa – cito a memoria - di “fatti sanitari”, espressione con cui glissava e minimizzava sui suoi problemi di salute. Se si è decisa, non ad un’autobiografia, ma alla pubblicazione di queste conversazioni fra lei e la Riviello, raccolte nella sua casa romana, è stato il “timore che nel furore della distruzione di tutto ciò che ha avuto a che fare con le travagliate vicende del comunismo del Novecento” si perdano esperienze che hanno profondamente segnato la storia d’Italia; il timore che si getti il bambino e si tenga l’acqua sporca. Non è possibile tuttavia, in quest’ottica, sfuggire ad dato biografico della Tedesco avendo lei attraversato l’intero secolo e compiuto esperienze di rilievo sia nel movimento delle donne, sia come presidente della Commissione dei Garanti prima e del Partito poi, e, in quanto senatrice, Vice presidente del Senato.Accenna di sfuggita, in queste conversazioni, alla sua famiglia di origine. Suo nonno, funzionario statale, era stato per ben sette volte Ministro con Giolitti, eppure non aveva nulla, neppure la casa di proprietà, aveva solo la mobilia e la pensione. Una linea di rigore che si tramanda e si rafforza, che conosce durezze private e resiste alle sirene della società del benessere. Solo questo, forse, Giglia ritiene di dover far conoscere della sua formazione, insieme alla laicità di una educazione basata su valori cattolici e antifascisti. L’antifascismo come esercizio della ragione e il ripudio quotidiano del credere obbedire combattere. Poi il profumo della libertà, la caduta del regime, potersi esprimere, finalmente. “Il problema che mi venne naturale di pormi era se questo bastava oppure no ed a me sembrò subito evidente che non bastava che occorreva cambiare la società, realizzare quella che allora si chiamava la giustizia sociale” ed ecco che la democrazia, appena ritrovata, per i giovani come Giglia doveva non già essere superata, ma inverarsi, sostanziarsi di solidarietà e giustizia sociale. Riviello ad un certo punto parla di fondamentalismo della libertà e lo definisce pericoloso come tutti i fondamentalismi “e inoltre stravolge la nostra storia schiacciandola entro uno schema che non la comprende”. Non vi è il commento di Giglia a riguardo, e certo sarebbe interessante una discussione del nesso disciplina libertà nella storia del movimento operaio, ivi compresa un’altra affermazione della Riviello, assai ottimistica – o forse datata - riguardante la classe operaia che “giovane protagonista della storia ha ben altro da fare che indugiare nel libertinaggio. Chi lo fa apparentemente trasgredisce la farisaica morale borghese ma in realtà ne è vittima”. Figlia di una solida borghesia, mentre studia all’Università, lavora fino alle due presso il Ministero del tesoro, dove arriva perché Amintore Fanfani, allora Ministro del lavoro, non gradisce la sua presenza nel suo dicastero. Intanto fa politica, e dopo un passaggio nel gruppo dei cattolici romani, entra nel Pci e a soffrirne sono gli studi universitari, anche perché viene ben presto coinvolta da Togliatti, che molto pragmaticamente si poneva il problema dell’utilizzazione di persone con un percorso diverso alle spalle. Né era la sola inclinazione di Togliatti a scandalizzare il suo partito, che addirittura per un certo verso brutalizzò con il voto alle donne, supportato in questo da personalità politiche femminili di tutto rilievo: “le comuniste della mia generazione non cominciavano dal nulla”, dice Giglia, riferendosi a personaggi come Teresa Noce, Lina Fibbi ecc. C’era il potere di attrazione di donne come loro, e di donne ‘nuove’ come Marisa rodano e Nilde Iotti. “Ho sempre pensato che una questione femminile ci fosse” anche se, confessa Giglia, “sul piano personale in quegli anni non ho avvertito conflitti”. L’adesione di Giglia al movimento delle donne è quindi tutta intellettuale e politica, con l’individuazione della forza della relazione fra donne e del Pci come strumento con il quale le donne potevano entrare nella storia. Il tema di entrare nella storia, far parte della storia, poter dire la storia siamo noi, era la molla potente per generazioni che si sono dedicate alla politica, riconoscendo in essa la condizione per il progresso proprio e del Paese. Non fu solo la questione del voto alle donne, dice acutamente Giglia, ma, per decenni, il lavoro, i servizi sociali, la qualità della vita fecero parte di quell’entrare nella storia . E in questo senso l’emancipazione in sé rappresentava un salto, l’hic rodhus hic saltat, il fine rivoluzionario. Certo dalla classe operaia, e dal partito, le femministe erano mal viste, considerate piccolo borghesi o aristocratiche – comunque fuori posto - quando la freccia non si doveva scoccare né troppo in alto né troppo in basso, “non si doveva essere troppo lontani dal senso comune ma neanche inseguirlo ad ogni costo”. In questa situazione occorreva inventare una cassetta degli attrezzi per il lavoro politico delle donne che in mano non avevano proprio niente. Con una eccezione, ma una grande eccezione: la Carta Costituzionale del ‘48. L’asse di tutte le battaglie fu perciò l’attuazione della nostra Costituzione. Ma le “cose per le donne cambiarono con gli anni sessanta”, eppure manca, dice Giglia, una storia compiuta delle donne comuniste. Forse è arrivato il momento di aggiornare il testo di Nadia Spano e Fiamma Nirestein del 1972. Un tentativo fu compiuto (anche grazie alla intuizione di Aida Tiso e alla disponibilità di Giglia, Nilde Jotti e Marisa Rodano), dall’Archivio storico delle donne Camilla Ravera, che curò l’analisi e lo studio delle varie conferenze delle donne comuniste attraverso le sue responsabili nazionali, fino a Lalla Trupia. Non di meno andrebbe rivisitata la storia dell’Udi, l’Unione Donne Italiane: dall’errore di aderire al fronte popolare nel 48, alle divisioni tra chi riteneva dovesse l’Udi occuparsi delle riforme di struttura, e chi di emancipazione - ”prima si cambia la società e il resto seguirà” -, dal limite analitico di partire sempre dal noi invece che dal sé, ai problemi del suo scioglimento.Dunque tre sono le cose che Giglia dichiara ,con grazia, di aver imparato : “dal Pci ho imparato che il noi è più importante dell’io”. Una vera provocazione in tempi di partiti personali e di sottolineature acritiche del proprio vissuto.“Da mio marito / Tonino Tatò/ ho imparato che bisogna guardare al futuro alle cose che bisogna fare”. La seconda è una provocazione anche più forte, volendo ella dire che non bisogna perdersi in chiacchiere e querimonie. Insegnamento che può venire soltanto da chi si costruisce una vita semplice e rigorosa, dove la serenità permette la semplificazione dei problemi."Dal movimento delle donne che bisogna sempre partire dalla propria esperienza, che questa è una risorsa insostituibile". Partire e non fermarsi alla propria esperienza, ma partire da lì perché così si riducono e si impediscono i bla bla bla".

lunedì 5 novembre 2007

Esecutivo PD, me piace

La vera sorpresa, per me, dell'esecutivo del PD nominato da Veltroni è stato Andrea Causin, che ho avuto la gioia di conoscere alle ACLI quando non era (quasi) nessuno. Ragazzo bravissimo, impegnato, cordiale, un pezzo di pane. Alto in modo imbarazzante...Sono contenta, vuol dire che c'è davvero qualcosa di nuovo, nel senso serio del termine. Sono contenta anche per Rosa Callipari, donna eccezionale. Un po' meno per latri nomi un po' scontati, tipo quello di Andrea Orlando, un dirigente che da' buca ai suoi compagni all'ultimo momento senza avvisare...Comunque, complessivamente mi pare un buon esecutivo, e mi fa piacere che lo si chiami, appunto, 'esecutivo': giusto per chiarire di cosa si tratta, e non di 'tutti gli uomini del presidente' (parafrasando, ovviamente): Goffredo Bettini, Andrea Causin, Vincenzo Cerami, Roberto Della Seta, Emanuela Giangrandi, Maria Grazia Guida, Maria Paola Merloni, Federica Mogherini, Alessia Mosca, Andrea Orlando, Annamaria Parente, Laura Pennacchi, Roberta Pinotti, Lapo Pistelli, Ermete Realacci, Giorgio Tonini, Rosa Villecco Calipari.
Mi piace anche la Maria Paola Merloni: la sua azienda è stata protagonista, in una fase di grande difficoltà, di un caso di 'delocalizzazione intelligente', se mi si passa l'ossimoro: la produzione che cominciava ad andare male in Italia è stata spostata nell'est europeo dove - oltre ai minori costi di manodopera - si sta creando un mercato adatto, e quella nelle Marche è stata riconvertita, con la riqualificazione e la specializzazione degli operai. Niente esuberi, niente cassa integrazione, solo rivisitazione delle strategie aziendali e impegno anche da parte dei lavoratori a ricostruirsi una professionalità. Capitalismo di sinistra? Forse, e va bene così.

venerdì 2 novembre 2007

Il mio peggior incubo

Giovanna Reggiani è stata uccisa poco lontano dai Parioli, poco lontano da corso Francia, in un posto che - tuttavia - sembra aperta campagna. La sua morte è sembrata la realizzazione del peggiore incubo di qualunque donna, che magari vive sola ed è abituata a stare in giro a qualunque ora del giorno e anche della notte. Come è giusto. Io sono abituata a tornare di notte a casa da sola, le mie amiche sono abituate così, e ci mancherebbe. Eppure, quello che è successo l'altro giorno ci ha fatto un'impressione che mai nessun altro fatto del genere. E questo è un fatto. Però. PERO' mi rifiuto di stare a sentire tutti questi esperti che pontificano davanti a una telecamera sostenendo che era ovvio che prima o poi accadesse una cosa del genere, e paragonano Roma ad una città in degrado, malsicura, pericolosa. Roma è, nonostante tutto, una città viva, accogliente, calorosa. E non pericolosa. Provate a leggere i lanci ansa durante tutta la giornata: le notizie di cronaca su milano sono un rosario, un continuo di scippi, ammazzamenti, rapine. Ma siccome adesso bisogna attaccare Veltroni...Troppo facile. Troppo strumentale. A volte, ho pensato che ci fosse esagerazione e autocompiacimento nel parlare del 'modello Roma'. Tuttavia, resto convinta che Roma possa essere un modello di governo, di scelte precise su come orientare risorse economiche e umane: non credo che si possano buttar via anni di solidarietà, coesione, attenzione alle periferie e all'integrazione.

Una preghiera per Giovanna.

lunedì 29 ottobre 2007

Celebrando Che Guevara


MARTEDÌ 30 OTTOBRE, ALLE 19.00, PRESSO LA BIBLIOTECA DI VILLA LEOPARDI,

VIA MAKALLÈ


"Ricordatevi di tanto in tanto di questo piccolo condottiero del XX secolo"
Che Guevara

Letture, musiche e filmati a cura di Marina Nezi, Alessandro Baldi e Damiano Mercuri (alla chitarra), interviene Carlo Cotticelli, assessore alla cultura del Municipio 2.

martedì 23 ottobre 2007

No, Storace no...

Anche il Municipio può essere veicolo di idee "alte". Giovedì scorso i nostri consiglieri del centro sinistra hanno presentato una mozione di solidarietà con la senatrice a vita Rita Levi Montalcini e il Capo dello Stato Giorgio Napolitano, per gli insulti di ciu sono stati fatti oggetto da Francesco Storace. La mozione è stata presentata anche in consiglio comunale. Ebbene: al momento della discussione un solo consigliere del centrodestra era presente in aula ed è intervenuto per dire che non si capiva perchè c'era bisogno di esprimere questa solidarietà. Al momento del voto tutto il centrodestra era fuori dall'aula e la mozione è stata votata solo dalla maggioranza di centrosinistra. Credo sia giusto far conoscere questo comportamento. Così mi ha raccontato la vicenda Guido Laj, capogruppo in II Mun. dell'Ulivo, e così la riporto, perchè non c'è bisogno di commenti. Credo sia giusto evidenziare e biasimare questi fatti anche in microrealtà politiche come i municipi - anche perchè credo che in prima istanza valori e idee si coltivino proprio sul territorio - e anche in micro realtà come il municipio, la destra può essere sciocca. Piuttosto mi domanderei chi ha portato uno come Storace in Parlamento, che l'ha "sdoganato", e mi viene in mente un pezzo di sinistra alla Santoro che in epoca non sospetta portava in prima serata un Fini che ancora sosteneva che Mussolini era stato un grande statista...

venerdì 19 ottobre 2007

Un partito senza tessere? Nooooo.....

E siamo già al partito senza tessere, proposto da Giuliano Ferrara, il che non so se sia addirittura peggio del partito dei gazebo. Siccome volevamo un partito dei cittadini, aperto al territorio, alla "ggente", lo facciamo senza adesioni formali così sarà ancora di più il partito dei soli dirigenti, che saranno gli unici a riconoscersi come membri della formazione politica. Mi chiedo, e non riesco a rispondermi, cosa ci sia di così tremendo nell'avere una tessera, nel rendere evidente la propria appartenenza ad un'idea, ad un partito, ad una qualunque associazione che agisce per cambiare qualcuna delle tante cose che ci vanno male in questo Paese. Forse è un retaggio del democristiano "si fa ma non si dice", o meglio, "si fa, basta non dirlo". Secondo me, però, un partito senza tessere è un'aggregazione senza volto, senza carattere, senza senso. E sarei curiosa di sapere cosa ne pensano i miei (ex) compagni di partito.

giovedì 18 ottobre 2007

Ma il popolo di sinistra sopporta davvero tutto? Mi sa di no...

Generalmente evito di leggere il quotidiano Il Foglio. Sì, lo confesso, evito. Tuttavia, oggi questa 'Andrea's version' ci riguarda, da vicino. Ma bisogna leggere fino in fondo per capire...
"Vero. Il popolo di sinistra sopporta tutto. Gli dicono una cosa un giorno e quello dopo un’altra. Viva le tasse, abbasso le tasse, viva il lavavetri, abbasso il lavavetri, viva l’indulto, abbasso l’indulto, abbasso la sicurezza, viva la sicurezza, tolleranza cento, tolleranza zero, premierato forte, premierato debole, parlamento debole, parlamento forte, maggioritario, proporzionale, partito in un modo e partito in un altro. Vero. Il popolo di sinistra sopporta tutto. Il welfare così, il welfare cosà, il welfare come lo vuole Confindustria, no, i sindacati, no, la Fiom, no, il portinaio di palazzo Chigi, no, il Consiglio dei Ministri, che però prima non lo convocano, poi invece lo convocano, per mettersi d’accordo oggi, anzi, domani. E dopo bisogna tagliare i costi della politica, e non bisogna più tagliarli, e lì Santagata s’incazza, e allora dice che è tutta una farsa, e la colpa è della Lanzillotta, ma la Lanzillotta di Santagata se ne sbatte, e il povero popolo di sinistra? Il popolo di sinistra sempre lì, sempre con la pazienza di Giobbe, sempre a sopportare tutto. Tutto, ma tutto, ma tutto. O meglio, stando alle primarie, tutto meno la Melandri".

mercoledì 17 ottobre 2007

L'Assemblea costituente del PD: siamo tutti veltroniani!

Le agenzie hanno appena battuto i dati sulla composizione dell'Assemblea costituente nazionale. Sono stati 3.517.370 i cittadini che domenica scorsa sono andati a votare alle primarie. I consensi a Walter Veltroni, attraverso le tre liste, sono stati 2.666.750 (75,81%) così divisi: 'Democratici con Veltroni' 1.541.330 (43,82%); 'Con Veltroni, ambiente, innovazione, lavoro' 278.960 (7,93%); 'A sinistra con Veltroni' 269.133 (7,65%); altre liste per Veltroni hanno totalizzato 577.327 (16,41%). I voti a favore di Rosy Bindi, attraverso la lista 'Con Rosy Bindi, democratici davvero', sono stati 453.067 (12,88%) mentre ad Enrico Letta ('I democratici per Enrico Letta) sono andati 389.271, l'11,07%. Per Mario Adinolfi attraverso 'Generazione U' hanno votato 5.906 cittadini, lo 0,17%, mentre a Giorgio Gawronski e alla sua lista 'Gawronski, il coraggio di cambiare' sono andati 2.376 voti, lo 0,07%.
Scorporando i voti per aree geografiche, la mappa del voto è la seguente: al Nord hanno votato 850.412 persone, il 24,18%; al Centro 1.260.262 (35,83%); al Sud 1.092.070 (31,05%); nelle Isole 294.492 persone pari al 8,38%.
En plein delle liste a sostegno di Walter Veltroni per i 2.841 seggi dell'Assemblea costituente. Veltroni potrà contare nel Parlamento del Pd su 2.315 delegati, pari all'81%, mentre Rosy Bindi avrà una pattuglia di 309 delegati ed Enrico Letta 217.
Ecco il dettaglio dei seggi: i 'Democratici con Veltroni' hanno ottenuto 1.485 seggi, pari al 52%; 'Con Veltroni, Ambiente, Innovazione, lavoro' ha 171 seggi pari al 6%; 'A sinsitra con Veltroni' avrà 225 seggi (8%); altre liste per Veltroni hanno incassato 434 seggi pari al 15%. Rosy Bindi entra nell'Assemblea Costituente con 309 seggi della lista 'Con Rosy Bindi, democratici davvero', pari all'11% mentre Enrico Letta con la lista 'I democratici per Enrico Letta' ottiene 217 seggi (8%).
I due candidati outsider Mario Adinolfi e Giorgio Gawronski con le liste 'Generazione U' e 'Gawronski, il coraggio di cambiare' hanno ottenuto lo 0% dei seggi.

martedì 16 ottobre 2007

Tutti giorni è il 14 ottobre

Il 14 ottobre è arrivato e passato in un lampo. Una giornata troppo bella, come quella del 2005. Tanta gente a votare, tanta che così non ce la saremmo mai aspettata. Tanta che anche chi non è stato eletto, è stato comunque contento. Nel 2° municipio hanno votato 9000 cittadini, soprattutto nella zona di viale Somalia (1476); tanti comunque anche a Piazza Verbano, 1419, e a Piazza Sant'Emerenziana. Tutti pazienti, in fila anche per un'ora, i volontari al chiodo dalle 6 del mattino, senza grossi problemi nè intoppi. Ora, smaltita la sbornia da scrutinio, analizzeremo l'andamento del voto e si saprà in via definitiva chi comporrà le assemblee costituenti regionale e nazionale. Ma, per quanto mi riguarda, senza troppa apprensione, perchè dopo tutto andiamo a fare un partito insieme. Insieme alla Margherita (per me/noi che veniamo dai DS), insieme soprattutto a tanti ragazzi e persone che magari prima non facevano politica nei partiti, ma la facevano nelle associazioni, a scuola, o erano impegnate nel sindacato. Chi è abituato alla sezione e al partito quasi come una seconda famiglia, ha di certo un po' paura dell'ignoto...E quando ci si sente chiedere cosa sarà dei luoghi che finora tanti di noi hanno frequentato e non si sa cosa rispondere, beh, un po' di magone arriva...
Sarà comunque una bella sfida, confrontarci con ciò che è fuori dai nostri steccati e dai nostri meccanismi ben oliati e ben definiti, aprirci all'altro da noi, parlare, discutere fuori dal nostro gergo e dalle nostri frasi fatte. Sarà, appunto, una sfida.